mercoledì 3 giugno 2009

Come nacque Umbria Jazz

A sinistra Chet Baker Qui accanto Louis Armstrong, due dei protagonisti del'era pioneristica del jazz a Perugia
Si intitola "Il jazz dell'era dello swing agli anni Settanta" (Edt Totino editore) di cui è attesa l'uscita per il periodo immediatamente successivo alla fine dell'estate.
Il libro, che segue l'altro "Il jazz in Italia dalle origini alle grandi orchestre", vuole rappresentare una summa di tutto ciò che è successo nel jazz in Italia al di là dei grandi centri, Roma e Milano.
"Parlo - afferma l'autore - anche di ciò che è successo in centri non nevralgici tra cui Perugia ma anche Assisi.
Assisi che ha avuto musicisti eccellenti, alcuni "emigrati" a Roma altri a Padova come Sergio Battistelli e Aldo Masciolini.
Poi naturalmente nel libro si parla di Perugia, città universitaria importante che ha dimostrato quanto il jazz sia da sempre una musica legata ai giovani."
Autore dei libri citati è Adriano Mazzoletti, giornalista e critico musicale con alle spalle una lunga carriera in Rai, prima come free-lance collaboratore esterno, poi dal 1976 interno alla Rai con un cammino intenso fino a diventare direttore di struttura nelle reti radiofoniche.
Una vita passata in radio che si intreccia sin dai primi anni dell'adolescenza a Perugia, città dove Mazzoletti ebbe un ruolo importante quale massimo artefice della vita culturale e della diffusione del jazz in città.
Basti ricordare, prima ancora di passare alla descrizione degli esordi dell'epopea del jazz a Perugia, che fu proprio Mazzoletti a gettare le basi su cui poi fu fondata Umbria Jazz con una proposta azzardata all'allora presidente dell'azienda di soggiorno e turismo Giuseppe Agozzino.
"Ci venne l'idea di fare un festival itinerante - rammenta Mazzoletti - e ricordo che feci un progetto e lo portai ad Agozzino che lo trovò interessante ma troppo ardito per i tempi: lì rimase ma poi venne fatta Umbria Jazz, che esordì come festival itinerante nelle città dell'Umbria.
I prodromi dell'idea di Umbria Jazz erano lì, in quel progetto."
Rimane il fatto che Adriano Mazzoletti è legato a doppio filo a Perugia perché fu tra i promotori e tra i fondatori dell'Hot Jazz Club.
"Ho uno stretto legame con l'Umbria e con Perugia - sottolinea Mazzoletti - dove ho passato la mia gioventù.
Mio padre che era un direttore di banca, nel 1950 venne trasferito a Perugia e con lui naturalmente si trasferì da Genova tutta la famiglia.
Sono nato a Genova, ma mi sento quasi più perugino che genovese, perché gli anni formativi sono quelli passati a Perugia.
Però a Genova - continua il giornalista - avevo già conosciuto il jazz, mi ero innamorato di questa musica e quando venni a Perugia con il sacro fuoco del ragazzo che voleva agire, conobbi dei musicisti che suonavano nelle sale da ballo.
A quell'epoca si suonava jazz, oltre a tanghi e valzer. Però il grosso del repertorio era jazzistico e a quell'epoca c'erano almeno cinque-sei musicisti che sapevano suonare molto bene il jazz.
Io avevo già l'hobby dei dischi di jazz che coltivavo grazie al negozio storico "Ceccherini", frequentavo il negozio e con me proprio quei musicisti di cui parlavo.
E con uno di questi, il batterista Sandro Poccioli, che decidemmo di fondare un jazz club. Sandro Poccioli, in realtà ci aveva già provato qualche anno prima: nel '46 aveva fondato insieme al notaio Oreste Trotta, il primo jazz club di Perugia.
Durò poco, durò un solo anno, poi si sciolse. In realtà il pubblico per il jazz a quell'epoca non c'era. Ma noi eravamo giovani e insistemmo: con Sandro rifondammo questo jazz club nel 1952 e cominciammo a fare dei concerti.
Conoscevo un po' di gente e ci mettemmo in contatto con il Cum, il Centro universitario musicale che convincemmo a darci una mano.
Il primo concerto fu nel 1952 alla Sala dei Notari con un'orchestra famosa, un'orchestra della Rai diretta da Francesco Ferrari.
Fu un bellissimo concerto. Il clou fu invece nel 1955 quando riuscimmo io e Sandro a portare Louis Armstrong al teatro Morlacchi.
E fu un'apoteosi, perché Armstrong fece due concerti, uno pomeridiano e uno serale, e la gente fece una coda che arrivava fino a piazza Morlacchi.
Anzi, in molti non riuscirono neanche ad entrare. Siccome l'Hot Club Perugia si reggeva solo sulle nostre forze, le entrate erano di due tipologie: i soci che pagavano la quota associativa e io e Sandro che facevamo il giro delle aziende perugine.
C'era la Guelpa, la Perugina, la Buitoni e andavamo a chiedere "l'obolo" per i piccoli concerti: cinquemila, diecimila lire utili per tirare avanti l'attività del jazz club.
Per Armstrong facemmo un accordo diverso: insieme al manager del trombettista, organizzammo il concerto solo per l'incasso.
Naturalmente ci furono grandi problemi per avere il teatro Morlacchi perché c'erano di mezzo i neri (gli afroamericani) e regnava una forma di razzismo strisciante e c'era la questione del pianoforte che rischiava di "essere rovinato da un jazzista".
Naturalmente riuscimmo a farci dare il Morlacchi gratuitamente e il pianoforte."
Mazzoletti e Poccioli erano insomma i pionieri di quella che in seguito ad opera di un altro grande precursore dei tempi, Carlo Pagnotta, diventò la città del jazz più famosa in Italia e nel mondo.
"Carlo - continua Mazzoletti - a quell'epoca non lo conoscevo. Non era a Perugia, era a Bologna dove studiava - dice lui -. Tutti noi abbiamo finto di studiare, eravamo in realtà dei pessimi studenti. Carlo tornò definitivamente a Perugia nel 1955 quando lo conobbi. Entrò nell'Hot Club come consigliere e un anno dopo facemmo ancora due concerti: uno alla sala dei Notari con Chet Baker, che non ebbe il successo di Armstrong, ma che riempì quasi per intero la sala dei Notari.
Tra l'altro, Sandro Poccioli fece delle fotografie che sono state pubblicate in un bellissimo cofanetto pubblicato in Francia dove si parla moltissimo del concerto di Baker a Perugia: perché il trombettista rimase a Perugia tre giorni e mi ricordo che l'ospitammo (naturalmente a spese dell'impresario) all'Hotel "La Rosetta".
Poi facemmo ancora Bill Coleman trombettista, e Albert Nicholas clarinettista. Carlo arrivò in quel periodo a Perugia e con lui cominciammo a fare i concerti con gli americani. Poi io me ne andai, perché mio padre era stato trasferito ancora una volta, questa volta a Roma, alla direzione generale della Banca nazionale del lavoro e io dopo un anno entrai un Rai, continuando a occuparmi molto di jazz."
E alla domanda se avesse mai pensato che Perugia qualche anno dopo avrebbe cominciato la sua avventura di Umbria Jazz sino a diventare la città italiana più famosa nel mondo proprio per il jazz, Mazzoletti è sincero e risponde:
"Non lo so. Forse inconsciamente pensavo di sì, perché altrimenti non avrei mai pensato di proporre all'azienda di soggiorno e turismo un festival itinerante nelle città umbre.
Non mi ero prefisso l'idea che Perugia potesse diventare il centro del jazz. Però quello che mi aveva colpito delle città umbre è una cosa importante: che il centro storico delle sue cittadine medievali è totalmente diverso da quello delle altre città italiane.
Perché con una strada , una piazza con dei giardini, con queste strade adiacenti, era l'ideale per accentrarvi i concerti.
Le altre città sono più dispersive. Ed è questa un'altra delle magìe dell'Umbria"
Claudio Bianconi
Corriere dell'Umbria Mercoledì 3 Giugno 2009

2 commenti:

  1. Ciao marcella, ho visto dal tuo profilo che sei di Perugia! Perchè non vieni, senza impegno di tempo ovviamente, a collaborare con questo blog? Ti invio l'accredito intanto ...
    Fammi sapere, ciao.

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