sabato 3 ottobre 2009

Monteluce non vuole essere periferia

Un quartiere, un'identità perduta e un'altra ancora da venire. É questa la realtà di Monteluce, nel cui processo di trasformazione giocano un ruolo fondamentale i trasporti pubblici. A certificarlo sono gli utenti e i cittadini del quartiere. Se Monteluce sino a pochi mesi fa significava ancora ospedale - non solo per perugini e umbri, ma anche per molti pazienti e familiari provenienti dalle regioni del sud d'Italia - ora sono due le linee dirette a collegarlo al polo unico: la f2 Sant'Erminio-Santa Maria della Misericordia e la linea c Sant'Erminio-Pila. La prima è soprattutto la linea degli studenti di Ingegneria che partono alle 8,35 da Sant'Erminio per scendere alle 9, ancora nel quarto d'ora accademico, davanti alla loro facoltà. Dopo la fermata, nel nostro viaggio di venerdì, l'autobus si è praticamente svuotato. All'ospedale, dopo 62 fermate e un'ora esatta di percorrenza, l'autobus ci è arrivato invece alle 9,35. Un piccolo viaggio in cui il vero protagonista è risultato essere il confronto tra la città del passato e quella già proiettata nel futuro. Decisamente più veloce la seconda linea, che congiunge i due poli della città. Lo dimostrano le 35 fermate e gli ottimi 40 minuti testati nel tragitto di ritorno, dal nuovo ospedale a Sant'Erminio, percorsi nella fascia mattutina dalle 9,55 alle 10,35. Peccato che la frequenza, ogni 30 minuti, non contribuisca ad avvicinare e rendere più centrale Monteluce, che sconta adesso dal Santa Maria della Misericordia ben 11mila metri di distanza. E questo, non è forse del tutto inutile ribadirlo, qualche disagio lo crea. La signora Adriana Mosca Billeri, 78 anni, fino all'altro ieri l'ospedale ce l'aveva proprio davanti a casa, racconta. Una bella trasformazione per lei che dal 1971 vive nel suo appartamento di Monteluce. "Adesso è invece tutta un'altra cosa. C'è quell'oretta da mettere in conto." Ed è certo, soprattutto per le emergenze "non è più come prima". Ben vengano comunque le novità ma "chissà se sarò ancora viva per vedere la nuova Monteluce?" Si chiede sorridendo la signora. Il collegamento con l'ospedale c'è "ma per raggiungerlo ci vuole il tempo necessario e purtroppo non esistono scorciatoie", conferma Gabriella, 73 anni e un sorriso per tutti in via Eugubina. Ora l'emergenza vera, fa notare giustamente la signora,
"è un pronto soccorso in loco dato l'alto numero di anziani che risiedono nel quartiere."
Qualcosa, comunque, è cambiato, rileva Feliciana Grilli, che dalla sua edicola in via Eugubina fruisce di un osservatorio del tutto speciale.
"Le lamentele sui collegamenti sono in netto calo."
La situazione sembra migliorata anche ad Alvaro Pagliacci spesso a Sant'Erminio per trovare amici e conoscenti. Sua moglie Fiorella conferma solo in parte:
"Da Sant'Erminio non è che non ci siano le linee, il problema è la frequenza."
Un'odissea quella che la signora è costretta ad affrontare ogni giorno per recarsi al lavoro in via della Pallotta.
"Per la zona di Elce siamo serviti bene, è il collegamento con piazza Partigiani quello più difficoltoso. Per non dire degli spostamenti verso via della Pallotta: per due ore di lavoro resto lontano da casain tutto 5 ore."
Ritardi, anticipi, cambi, bassa frequenza dei bus e mancanza di collegamento. Nonostante la professionalità di molti autisti dell'Apm e lo sforzo fatto sinora dall'azienda sono tante le variabili in gioco nella partita, che sembra aver acquisito oramai tutto il sapore di una sfida: riportare Monteluce al centro
Isabella Rossi
Corriere dell'Umbria Sabato 26 Settembre 2009

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