martedì 2 novembre 2010

La malattia del gioco avanza: un esercito di baby giocatori

Venti euro in tasca, un bar e una macchinetta. Sono sempre di più i malati del gioco (diventato compulsivo) nel Perugino. Giocano anche i ragazzini non ancora i minorenni, giocano soprattutto gli operai il più delle volte extracomunitari. Il dato umbro, a questo proposito, è eloquente. Con picchi su Perugia.
Piccoli. Sarebbero circa 16mila infatti, i baby-giocatori in Umbria, tra i 15 e i 19 anni, che hanno giocato d'azzardo almeno una volta, con una percentuale del 58 per cento tra gli uomini e del 33 tra le donne. Sono dati preoccupanti quelli emersi da una ricerca effettuata nel 2009 dall'Istituto di fisiologia clinica del Cnr, che mette in luce una situazione allarmante tra i minori sempre più attratti dal gioco d'azzardo. Oltre alle dipendenze da droga e da alcool bisogna fare i conti anche con quelle da gioco, che assumono sempre di più connotati preoccupanti e non risparmiano neanche i più giovani. Sopra la media Sempre secondo lo studio sarebbe del 63 per cento la media dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni che nella nostra regione hanno provato slot machine e videopoker, contro una media nazionale del 46 per cento.
Numeri allarmanti che dovrebbero far riflettere sul fenomeno, considerato una malattia cronica come tutte le altre dipendenze e per questo necessita di un intervento terapeutico strutturato. Ma in Umbria, sempre secondo la ricerca, esiste solo un'unica struttura che ha avviato un percorso riabilitativo ad hoc per il gioco compulsivo. Disintossicarsi Si tratta del Dipartimento dipendenze della Asl 3 Foligno-Spoleto. Struttura che ha visto in terapia solo 30 giovani a fronte dei circa 30mila dipendenti da gioco d'azzardo, scommesse e videopoker, e candidata ad essere capofila di una serie di servizi analoghi sull'intero territorio regionale. Servizi che ancora nelle altre città umbre non hanno visto la luce nonostante la gravità del problema. E proprio di questo e delle nuove dipendenze si parlerà durante la Settimana del benessere, organizzata dall'Ordine degli psicologi dell'Umbria, che si terrà dal 20 al 27 novembre. Inquietanti le testimonianze. Frequentatore Un assiduo frequentatore di videopoker, benestante che ha dilapidato la sua eredità scommettendo sui cavalli per molti anni, parla del perché passa il suo tempo a giocare.
"Lo faccio per noia - spiega - non c'è una motivazione particolare. Per il lavoro che faccio ho molto tempo libero, per cui entro in un bar gioco le mie 20 euro per il gusto di farlo. In una settimana non saprei dire quanto spendo, forse meno di 50."
Esercente Sabrina Diotallevi titolare del Caffè Arco racconta che sono soprattutto giovani operai stranieri ad essere attratti dal gioco:
"Sono soprattutto uomini che giocano, per la maggior parte stranieri. Vengono qui dopo l'orario di lavoro e fanno le loro puntatine per 10\15 minuti. Iniziano con una puntata molto bassa - sottolinea - poi però finiscono per spendere anche 100 euro. E se vincono cifre alte le rigiocano perdendo. Durante una giornata vengono meno di 5 persone, che si ritrovano anche a fare la fila per aspettare il proprio turno".
Ma il fenomeno dipendenze da gioco si intreccia anche con un altro più grave, l'usura sui minori. Alberto Bellocchi , presidente della Fondazione Umbria contro l'usura e procuratore della Repubblica al Tribunale dei minori di Perugia, ha sollevato il velo su un fenomeno ancora in gran parte sommerso.
"Le somme per cui i ragazzi s'indebitano per il videopoker e le scommesse vanno dai 300 ai 600 euro - afferma - ma possono portare i giovanissimi scommettitori a diventare oggetto di ricatto, anche da parte di adulti, frequentatori di locali dove si gioca ai videopoker o si scommette. All'inizio i prestiti riguardano cifre basse, ma con un tasso di interesse giornaliero anche del 10 per cento. Vale a dire del 3.500 per cento su base annua". Il ricatto "Quando le giocate diventano frequenti e s'inizia a perdere c'è sempre qualcuno disposto a prestare i soldi - continua Bellocchi - il ricatto per i minorenni può essere quello di sdebitarsi spacciando la droga per conto dei creditori"
Rosaria Parrilla
Corriere di Viterbo Martedì 2 Novembre 2010

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