venerdì 14 dicembre 2012

Alberto Burri trova spazio alla Galleria Nazionale

L'arte non ha confini, si dice. Ma sembra strano, o almeno straordinario, che un'opera del pieno Novecento di Alberto Burri, profeta di un nuovo linguaggio capace di scardinare tutti i canoni precedenti, trovi posto nella Galleria Nazionale accanto alla scia dorata di capolavori che parlano della cultura antica. Questo avviene e la sorpresa è gratificante, lo spiazzamento completo quanto ricco di interesse intellettuale.

Il Soprintendente Fabio De Chirico ha presentato nel pomeriggio di ieri un Cellotex del maestro tifernate, un acrilico del 1971 (51x76 le misure) ch'era stato acquisito l'anno scorso. É stato per ora collocato nel vano a fianco della sala Podiani, dopo la porta a vetri, al termine del percorso. Là resterà fino al 15 marzo, almeno. E intanto si studierà un'adatta collocazione, certo non facile ma sicuramente suggestiva, perché esiste un bel nucleo di testimonianze della contemporaneità, tra cui un Dottori, che meritano di essere esposte.

L'opera è arrivata in Galleria da una cessione come pagamento di imposte dirette, ed anche questo non è un fatto tanto consueto. “bianco e Nero” è il titolo e nonostante le dimensioni contenute e le due campiture in acrilico che sono un contrasto acuto, possiede una solennità essenziale, un dialogo di battute scarne e di sintesi estrema. Burri nel Cellotex divide il quadro nei simboli del giorno e della notte o dell'Essere e del Nulla. Ma attenzione: non tutto l'Essere è natura, perché la mente (ossia l'arte) domina la vita. Ogni accostamento che non sia pensiero allo stato puro qui è errato, l'unico possibile è con la musica di Bach che è forma ben calcolata e complessa. Rammenta il soprintendente De Chirico come il cellotex, materiale industriale di pasta di cellulosa, segatura e colla, sia espressione degli anni Settanta, dopo che l'artista aveva sperimentato le possibilità evocative di materie quali sacchi di juta, plastiche, ferro con strappi, tagli, combustioni. E in questa fase rappresentata dall'opera esposta prevalgono ordine ed equilibrio. Galleria Nazionale più ricca e con vivacità di eventi. Da qualche giorno in deposito, è entrata a far parte delle raccolte un'Annunciazione del Perugino, di stupefatto colore, geometrica densità, poetica visione paesaggistica, così alta da attivare una serie di studi: non è finita: mercoledì scorso è stata la giornata dedicata al restauro non solo della pala di Paciano del Signorelli e fino a sabato è visitabile il presepe in cartapesta, tradizione consacrata dei maestri di Lecce, ripreso proprio dal Vannucci. Un colpo d'occhio formidabile, considerata anche la grandezza delle figure.

Mimmo Coletti
La Nazione Venerdì 14 Dicembre 2012

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