martedì 28 maggio 2013

Emergenza Frane: servono 180 milioni

Le Frane restano un problema per l'Umbria. Nonostante gli investimenti (più di mezzo miliardo di curo) e gli interventi (oltre 400) per mettere in sicurezza le aree a rischio, servirebbero ancora 180 milioni.
E di questi tempi metterli insieme pare una chimera. Ma il Cuore Verde è di sicuro un passo avanti rispetto alle altre realtà a rischio.

Ha una mappatura dettagliata e completa delle zone più difficili e questo consente almeno di avere il quadro sotto controllo. Che non è tutto, ma non è poco. Su 185 aree a rischio in sostanza 82 sono in sicurezza, le altre 103 (il 56 per cento, dunque) hanno bisogno di interventi, talvolta anche importanti. Il quadro è stato fatto ieri in Regione: i dati disponibili fanno rilevare, in sintesi, che l'8,7% del territorio collinare-montano è in frana, un valore in linea con la media nazionale (8,9%), con una superficie totale instabile pari a 651 chilometri quadrati ed un numero molto elevato di singoli eventi (34.545) per la maggior parte a riposo (73%) e riferibili a frane a cinematica lenta (88%).

Il Rischio - è stato spiegato - si genera quando la pericolosità da frana si riscontra in territori abitati e può essere di vario grado a seconda della ricorrenza e intensità delle frane e della vulnerabilità dei beni esposti. Sotto questo profilo il Pai (Piano di assetto idrogeologico) dell'Autorità di Bacino del fiume Tevere, in cui ricade il 95% del territorio regionale, delimita e vincola in Umbria 185 aree esposte a rischio di frana elevato o molto elevato e riconosce 63 aree a rischio medio.

“In Umbria l'abbondanza di frane quiescenti - sottolinea l'assessore Stefano Vinti - configura uno scenario di `attesa’ su cui le condizioni meteo-climatiche possono provocare riattivazioni, anche con gravi danni al patrimonio, come accaduto nel 2005 e nello scorso novembre. Prevedere gli scenari di riattivazione è una sfida ancora aperta, per le numerose variabili in gioco legate sia al meteo che alle frane stesse, ma sicuramente non può prescindere dalla conoscenza della frequenza storica degli eventi franosi umbri”.

La Nazione Martedì 28 Maggio 2013

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