martedì 21 ottobre 2008

“La testa di Ale” Parole e fatti non proprio casuali

Uno spauracchio si aggira per i corridoi dello Studium Perusinum. Non un terzo Corvo, dopo quello dell'Università degli Studi e della Stranieri, ma un'opera di fiction in cui elementi di fantasia s'intrecciano con una pesante denuncia di un metodo di potere.
Sistema che, in qualche caso, si dice preferisca cooptare soggetti amici: non necessariamente i migliori.
Almeno sul piano della preparazione e del valore culturale. Ciò è quanto emerge dal libro di Gaia Mencaroni, "La testa di Ale", che con questo suo romanzo si è guadagnata recensioni favorevoli in ambito nazionale.
E che ha sollevato un polverone, una caccia all'uomo, tra sadismo e invidie, risatine di compiacimento e mai sopiti rancori.
Il volume è stato presentato alla libreria Oberdan, con grande affluenza di pubblico. Anche perché ad introdurre c'era Mauro Casciarri che appartiene all'agguerrito gruppo de "Le Iene". Oltre a tracciare il plot della vicenda, accompagnato da letture di attori amici, Gaia si è premurata di chiarire che non si tratta di un'opera autobiografica.
D'altra parte, la rituale precisazione
"Tutti i personaggi, gli episodi e le battute di dialogo sono immaginari…"
non fa che aggiungere sale sulle ferite di quanti si ritengono in qualche modo diffamati.
Senza contare che l'esergo del libro, tratto dalla relazione della presidente della commissione parlamentare sulla P2, Tina Anselmi, parla di
"metastasi delle istituzioni, fenomeno perverso ed efficace"
, che attenta alla sovranità dei cittadini.
Il libro è stato scritto in treno, tra Lindau, Perugia, Firenze, Vaduz, Bregenz, Zurigo, Ravensburg, Friedrichshafen e Lugano, negli spostamenti dell'autrice che vive in Germania (come la voce narrante del libro), lavorando presso una galleria d'arte contemporanea.
Lei che ha conseguito una laurea in storia dell'arte medievale, con 110 e lode. Anche se queste credenziali non l'hanno aiutata ad inserirsi nel suo specifico. E, soprattutto, nel suo Paese. L'Ale del titolo, Alessandro Antonelli, è un giovane di Città di Castello, talentoso e sfortunato, che concorre per un dottorato.
Il suo ingegno viene però mortificato a beneficio di un super raccomandato gradito al sistema. Anche le sue piste di ricerca subiranno il saccheggio dei vari docenti, affamati di gloria e di potere.
Come non manca il fascino delle tre "esse": sesso, soldi e, in qualche misura, sangue. Alla fine, metaforicamente, dopo il disperato suicidio di Ale, i suoi aguzzini pasteggiano sul cadavere:
"Li vedevo banchettare sulla carcassa, li osservavo soddisfatti e vogliosi estrarre le cervella, portarsele alla bocca… Li intravedevo, li sentivo rumorosi festeggiare, fieri, sicuri del loro sapere, della loro posizione, della loro rozza soddisfazione."
Ora è aperta la caccia agli alter-ego dei personaggi. L'ambiente incriminato è quello della storia dell'arte, con le sue interazioni tra consulenze e perizie, ardito mix di interessi pubblici e privati.
Il movente è sempre lo stesso: il potere. Qualche anno fa uscì un libro che sparlava dell'ambiente universitario. Ma in quel caso l'autore era parte in causa: un deluso che non ce l'aveva fatta. Qualcuno dice per il suo pessimo carattere, altri sostengono che avesse fallito per incompetenza. Ma stavolta non c'è conflitto d'interessi: l'autrice fa altro e non ha nulla di cui vendicarsi. Un brivido corre per la schiena di personaggi facilmente identificabili. Anche i nomi e le circostanze, a detta di molti, sembrano inequivocabili. Forse partiranno denunce. O forse tutto verrà sommerso sotto una coltre di finta indifferenza.
Sandro Allegrini
dal Corriere dell'Umbria Martedì 21 Ottobre 2008

1 commento:

  1. È un bellissimo libro a prescindere dalla questione se è realtà o finzione. E chi si riconosce dovrebbe vergognarsi.

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