giovedì 14 luglio 2011

Gil e Mendes per una notte al ritmo di Bahia al Santa Giuliana

Sin dai lontani anni Novanta, Umbria Jazz non ha mai dimenticato la musica brasiliana e più in generale la musica latinoamericana. Caetano Veloso fu uno dei precursori della "vena" bahiana del festival, ma prima ancora Tito Puente con le sua fantastiche orchestre aveva più volte ristabilito quel trait d'union che lega il jazz d'America al Sud America. Dall'incontro fra la migliore saudade e il jazz nacque del resto la bossa nova di Joao Gilberto e Jobim e di tanti altri musicisti.
Che rappresentano quasi un alter ego latino al jazz, la prima e più evidente ibridazione della musica strutturata in jazz che cominciò la sua avventura agli inizi degli anni Cinquanta.
Un'avventura che per prima prefigurò quando accaduto più tardi con la "globalizzazione" del jazz. Gilberto Gil e Sergio Mendes sono tra quei brasiliani che hanno posto le basi perché il samba e la bossa nova varcassero i confini del Brasile. Il primo, tropicalista della prima ora, facendosi ambasciatore di una visione totalizzante della musica anche nei suoi aspetti più tipicamente sociali (è stato anche ministro della cultura in Brasile) ripercorrendo con il samba e la bossa nova un itinerario simile a quello compiuto dal jazz, annettendovi echi di reggae e influenze dirette dell'Africa nera. Con alterne fortune e con qualche intuizione ben azzeccata il secondo.
Come "Mas que nada" recentemente rimixata insieme alla band hip hop statunitense "The Black Eyed Peas". Gil e Mendes saranno questa sera all'arena. Sergio Mendes è in arrivo da Cagliari. Stando alle cronache musicali, è stato un vero successo che ha lasciato in Sardegna un'idea nuova della musica brasiliana. Il pianista di Mineroi non si è limitato infatti al più canonico repertorio di antichi e immarcescibili cover e standard brasiliani, ma si è spinto oltre sino a citare i Beatles, Burt Bacharach, rap, pop, funky. La musica in un processo di smembramento e allo stesso tempo di assimilazione, ha sfumato i suoi colori e i suoi timbri caratteristici di tempi e luoghi, per farsi qualcosa di più astratto, di più globale e come tale di più ampiamente fruibile.
Un processo che ha seguito un tracciato che per primo è nato proprio dall'incontro tra due culture diverse, quella africana e quella composta dal melting pot americano. Se è un bene o un male lo sapremo in futuro. Di certo l'ibridazione, la mescolanza, il meticciato sembrano al momento l'unica via percorribile.
La via che percorrono Gilberto Gil e Sergio Mendes ognuno alla propria maniera. É lo stesso Mendes a dichiarare che accarezza l'idea, dopo aver lavorato anche con Zucchero e Jovanotti, di poter suonare con artisti cinesi, indiani, africani. Vale a dire là dove la fenomenologia sociale ed economica sta producendo qualcosa di inedito. Anche nell'arte e nella musica.

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