"Dentro ci sono le primissime canzoni di Gaber, quelle che io chiamo in bianco e nero, quelle che lo hanno reso famoso in televisione: "La ballata del Cerruti", Com'è bella la città", "Porta Romana". Sembrano, apparentemente, i pezzi più banali dell'opera gaberiana, ma non è così. Io li ho rimescolati con dei suoni nuovi e moderni e con delle contaminazioni di cantautori dei nostri tempi. In modo tale che anche i giovani potessero avvicinarsi ai ritornelli di "Barbera & Champagne" e di "Torpedo blu". Dal disco allo spettacolo, il passaggio non è un po' troppo scontato e commerciale?
"La Rai, che mi aveva promesso quattro fiction, mi aveva lasciato a piedi. Mi sono ritrovato con abbondante tempo libero e con la convinzione che uno spettacolo con l'orchestra avrebbe retto bene. É venuto fuori un teatro-canzone al contrario, con i pezzi che Gaber eseguiva nei bis tornati ad essere protagonisti e tra un brano e l'altro ho inserito dei monologhi miei con i quali attualizzo i temi trattati dalle canzoni. Amore, amicizia, sogni."Quando e come è avvenuto il vostro primo incontro?
"Ci siamo conosciuti nel 1993 dopo un suo spettacolo. Sua figlia, Dalia Gaberscic, faceva l'addetta stampa. Io le confessai che fin da piccolino rubavo i soldi per andare a vedere gli spettacoli di suo papà e le chiesi se me lo faceva conoscere. Lei mi disse: "Vieni questa sera che ti porto in camerino
". Alla fine dello spettacolo c'era una coda di gente davanti alla sua porta, io volevo aspettare il mio turno ma lui mi ha visto da lontano e mi ha detto "Vieni Enzino, vieni
". Poi mi ha chiesto se volevo andare a cena con lui. Ho pensato: chissà in quanti saremo ma mi basterà guardarlo da lontano. Invece poi ho scoperto che eravamo solo io e lui. Siamo andati a cena in ristorante classico di Milano che fa dopoteatro e lì è nata la nostra amicizia."Cosa avevate in comune?
"Il disincanto. Lui era disincantato. La sua rabbia in palcoscenico non corrispondeva con la sua dolcezza nella vita. Era un uomo umile e dolce, persino nel rapporto con i camerieri quando ordinava. Lo faceva in modo diverso dagli altri. Era bello guardare come si muoveva, come mangiava e anche come sparava cazzate. Quando scendeva dal palco era un altro Gaber, molto più fratello maggiore."Ha chiesto scusa a Gaber. Pensa che lui l'abbia perdonato?
"Già prima di chiedergli scusa sapevo che mi avrebbe perdonato. Era uno molto attento al futuro della musica e alla creatività. Per cui se sentisse adesso "Porta romana" che io ho cambiato in "Porto Romana
" con il nome di una ragazza sono sicuro si sarebbe fatto una bella risata."Il "vizio" del canto risale a molti anni fa. Il suo primo disco, "Mi ricordo" , mi sembra sia del 1971.
"Esatto. Mi cacciarono da Ragioneria per quel disco, nel senso che per realizzarlo non andavo mai a scuola. Canto sin da piccolo. E il sogno che ho ancora oggi è di cantare a Sanremo, non mi vergogno a dirlo. Anche quest'anno io e Giobbe Covatta ci abbiamo provato a sbarcare all'Ariston con una canzone molto bella che parlava di una bambina abbandonata su un barcone durante gli sbarchi clandestini a Lampedusa. Ma ci hanno risposto che avevano fatto un'altra scelta. Evidentemente i Pupo e i Filiberto erano l'altra scelta. Ma Sanremo è così. Io ci sarei andano contento anche di arrivare ultimo. Comunque, sono sicuro, prima o poi ce la farò",
Anna Lia Sabelli Fioretti
Corriere dell'Umbria Sabato 3 Aprile 2010
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