Le nove comunità montane, ridotte a cinque con la legge regionale numero 23 del luglio dello scorso anno, comportano (e sopportano, anzi, i cittadini sopportano) un corpo politico di 273 persone tra consigli e giunte di cui 68 retribuite, i restanti 205 - come scrive Covino - sono scelti all’interno dei consigli comunali delle realtà d’appartenenza, dove già percepiscono un’indennità.
Il costo complessivo è precisamente di 2.102.266,14 euro, di cui 434.040,84 per i presidenti, 301.193,04 per i vicepresidenti e 1.367.032,30 per gli assessori.
Ma nelle Comunità montane ricadono anche i comuni non dichiarati montani, e non sono compresi al loro interno - di contro - i comuni più grandi, come Perugia, Terni e Foligno che contano parte del loro territorio in aree reputate invece montane.
Si tratta di incongruenze che di fatto vanno a falsare il dato della popolazione montana, determinante per stabilire il numero delle Comunità, dei loro amministratori e dunque degli emolumenti.
Secondo il testo “Amministratori degli enti locali. Status giuridico ed economico”, di Francesco Narducci, “il riferimento è alla popolazione che risiede nel territorio della comunità classificato montano, con l’esclusione di quelli non considerati montani seppur inclusi nel perimetro della comunità”.
Sul fronte delle partecipate di Comuni e Province, in cui sono coinvolte 114 persone per una spesa complessiva di 1.609.276,10 euro, ma anche qui, tiene a specificare Covino, i dati sono molto sottostimati, a causa di un “deficit di trasparenza”: tra speciali, partecipate e partecipazioni di partecipate ad altre società seguire il filo è molto complicato, quasi impossibile, ma essenziale: i capitali impiegati sono sempre quasi tutti pubblici.
Rassegna stampa dal Corriere dell'Umbria
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