Mario Vargas Llosa , Robert Hughes, Antoine Compagnon, Paul Virilio, grandi firme, pur distanti anni luce l'uno dall'altro, sono concordi nel dire che è ora di dire basta alle cifre da capogiro che raggiungono Jeff Koons (opera d'arte è solo quella che si vende, e a carissimo prezzo) e i suoi gonfiabili, Damien Hirst e i suoi animali "formalinizzati", Maurizio Cattelan e i suoi bambini impiccati, e così via elencando.
Carlo Carnevali vorrà perdonarmi questo incipit polemico e in apparenza incongruo o im-pertinente in apertura della recensione sulla sua mostra bellissima - il superlativo non è iperbole ma verità - "Dinamismi modulari" (sontuoso catalogo italiano-inglese, traduzione Clelia Valorosi, curato da Emidio De Albentiis, impeccabile prodotto di Effe Fabrizio Fabbri Editore, con poetici ritratti fotografici dell'artista firmati Veronica Seppoloni e Federica Baratta, fotografie di Daniele Paparelli), fino all'11 gennaio negli spazi severi e storici del Cerp, Centro Espositivo Rocca Paolina della Provincia di Perugia (presentazione degli assessori alla cultura Silvano Rometti, Pier Luigi Neri, Andrea Cernecchi, e di Alfredo De Poi, appassionato presidente della Fondazione Accademia di Belle Arti).
Inaugurato da un quadro del 1973, un nudo femminile seduto e intitolato "Figura al quadrato", autentico incunabolo, dove il modulo quadratico è il nucleo geometrico del fondale e dell'incarnato, l'imponente rassegna (tutte le opere sono rigorosamente "Senza titolo"- "Unintitled" e in tecnica mista su multistrato ligneo) prosegue con una quindicina di pezzi dal 2000 al 2006, folti degli stilemi e delle cromìe propri della poetica dell'artista di Colombella - qui connotato topograficamente, anagraficamente per esaltarne non solo l'incisività del segno ma anche l'europea personalità pur vivendo alla periferia dell'impero -, ossia miscele di geometrie non euclidee commiste a rosse stesure e texture, che non sai decifrare fino in fondo, lampi o idee, noumeni o spezzoni, grumi, lacerti di realtà.
Il grosso dell'esposizione è comunque nutrito dal biennio 2007-2008.
Si tratta di quarantacinque pannelli vasti e costruiti, dove prevalgono i concetti trasformati in moduli, siano scacchiere rutilanti o intercambiabili con le caselle calamitate per "giocare" a sconvolgere l'ordine, per inserire il caos nella linearità del reale che "hoggidì" è sempre più soggetto ai tifoni della contemporaneità.
Ecco allora i senza titolo che si fanno portatori o del "Folle volo" d'Icaro, ma senza mito, stampigliato in cartigli o in cifre come "19,30", ora topica ed etrusca ombra della sera, o nei quadrati magici in cui le cifre da 1 a 9, nella sequenza 2 7 6 / 9 5 1 / 4 3 8 formano il numero 15 (un po' come il pompeiano Rotas7opera7tenet7arepo7sator le cui parole si leggono in orizzontale e in verticale).
Insomma, se non la solitudine dei numeri primi, Carnevali mette in ordine, secondo fantasie liriche e nel contempo razionali, la magia, il mistero della geometria e dei quadrati e dei cubi e dei colori primari e succedanei.
Per concludere, la mostra davvero epica giunge fino alla sinfonia delle quattro installazioni, che ispirandosi ad Alberto Burri che sta nella Rocca, l'una, o al Plessi che qui espose nel 1995 una favolosa messa in scena di materia e di video, l'altra - nella fattispecie una teoria di 225 formelle 15x15 coloratissime che invade come un labirinto, perché non terminare l'avventura ripetendo l'esperienza delle bare festose e come emergenti dalla terra, perché la morte bisogna prenderla in giro? o chiudere con la cappella di clausura dove confessare, di fronte a quadri ieraticamente quadrati e diabolicamente dipinti, immersi nell'assoluto silenzio, la propria umanità, caduca nel peccato ed eroica nel bene, insieme diavoli e santi?
Antonio Carlo Ponti
dal Corriere dell'Umbria Sabato 13 Dicembre 2008
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