Senso e direzione che abbracciano l'apertura, il confronto, la disponibilità e l'accoglienza nei confronti di individui di etnia e cultura diverse, migranti da Paesi che non possono offrire loro quanto si aspetterebbero.
Per questo sono qui, inseguendo il sogno di una vita secondo canoni di dignità e di rispetto, così come gli italiani facevano, alcuni, soprattutto i cosiddetti cervelli fanno ancora, in fuga da un Paese che offriva e offre loro poco, molto poco.
"Se l'interculturalità è una scelta, la multiculturalità è di fatto un dato oggettivo - ha detto Allegrini - intendendo che se la multiculturalità rappresenta una delle caratteristiche peculiari della globalizzazione e della civiltà moderna, il confronto, l'accoglienza e il rispetto nei confronti di etnie diverse avviene secondo categorie e codici culturali che devono essere promossi e assecondati.
Così la pensa anche l'assessore alle politiche culturali Andrea Cernicchi che parla di necessità riferendosi all'immigrazione e stigmatizza quanti creano muri che impediscono gli spostamenti, così come la coordinatrice didattica del Museo dell'emigrazione Pietro Conti di Gualdo Tadino, Elisa Polidori, ha portato ad esempio il film "Pane e cioccolata" di Franco Brusati con Nino Manfredi, che narra la disavventura di un immigrato italiano in Svizzera nei primi anni Settanta, quale valido motivo per collegarsi alle vicende odierne e alla creazione di una coscienza sociale individuale in direzione della multiculturalità.
Gli interventi sopracitati hanno rappresentato quindi il preludio per introdurre la mattinata prevista dal programma con l'accoglienza di Erminia Ferrari, compagna di vita del grande Nino Manfredi alla quale è stato donato il "Baiocco d'oro", simbolo di riconoscenza della città nei confronti di personaggi emblematici e con la proiezione del film "Pane e cioccolata" di fronte alla platea di studenti dell'Istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele Ii".
Prima del film è scaturito un talk show in cui il critico cinematografico Fabio Melelli ha affrontato i temi strettamente attinenti al lungometraggio del 1973 da un punto di vista artistico insieme a Erminia Ferrari.
Ne è emersa la figura di un Manfredi attore-autore che "si ritagliava personalmente i tempi comici intervenendo direttamente come autore nei film che interpretava".
Manfredi che nel caso di "Pane e cioccolata" si approcciò con grande amore alla tematica del film, memore di un nonno che visse per trentatré anni in America dove fu impiegato come minatore.
"Da sempre la gente emigra - ha detto Erminia Ferrari - per scambio e per necessità. L'importante è evitare la guerra tra poveri e il fenomeno del lavoro nero che sottrae impieghi agli emigranti".
Sono emersi persino particolari della lavorazione del film come, ad esempio, un dialogo tra il regista Brusati, eminente figura di intellettuale, e un operaio.
Dialogo che raccolse Jaia Sastri. Interrogato da Brusati su quale fosse il proprio background, l'operaio non capendo cosa intendesse il regista, rispose: "Non ce l'ho", esprimendo allo stesso tempo il senso di un'inadeguatezza e una verità profonda.
Il film che rappresenta un caposaldo della cinematografia italiana supera la categoria di una commedia all'italiana o della satira di costume per porsi nell'alveo di un vero e proprio apologo grottesco.
Un piccolo capolavoro in cui Manfredi si impegnò molto, un Manfredi che - come ha ricordato Erminia Ferrari - prese a riferimento per questo film anche il Charlie Chaplin di "Tempi moderni"; un Manfredi che, come era abituale fare, studiò nel profondo il personaggio dell'immigrato italiano, che infine affrontò magistralmente
Claudio Bianconi
Corriere dell'Umbria Domenica 1° Marzo 2009
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