Sono due parallelepipedi in acciaio dipinti con acrilico e colori industriali di tre mesi ciascuno, la cui base è di trenta centimetri per trenta.
Una modalità di collocazione permanente che l'artista perugino, ternano di origine, ha sperimentato con successo in altre "trombe" architettoniche come quella alla Austin Friars di Londra.
Queste figure geometriche solide che Luca Beatrice, curatore dell'installazione, ha definito "Totem", specificandone la natura non magica e dunque togliendo loro l'aura di simboli di paure e di veri e propri tabù, sono in effetti trasporti di natura nei luoghi del quotidiano dove la natura non c'è o non c'è più; sono esorcizzazione di una sottrazione continua di natura nel mondo.
Passalacqua è il pittore (oggi anche scultore o installatore che dir si voglia) degli olivi e anche nelle tre dimensioni compila le superfici con la sua ormai inconfondibile tessitura di foglie d'olivo sulla gamma dei verdi, lambite da una luce argentante e appena mosse da una brezza leggera, con un complessivo effetto pittorico astratto.
Scrive Beatrice che
"L'intento è volto alla riappropriazione del dato naturale che cerca una ormai dimenticata collocazione nel contesto contemporaneo", una caratterizzazione "site-specific" di questi totem ormai collaudata esteticamente.
Una natura, in verità, controllata e strutturata geometricamente, frutto di una raffinazione progressiva della tecnica e di una concettualizzazione sempre più spinta dell'immagine che rimane pur sempre rigidamente pittorica.
Ben lontana comunque dalle sue prime prove del non poi così lontano 1994 quando, nella sua piena maturità anagrafica, il brillante e poliedrico pediatra decise di dipingere, forse perché lo aveva sempre visto fare da sua madre e poi da sua sorella che è ben nota restauratrice alla Soprintendenza.
E si presentò a poche centinaia di metri in linea d'aria da Palazzo della Penna, alla Libreria Grande di via Oberdan e la prima recensione uscì sul Corriere dell'Umbria a mia firma.
Da allora Passalacqua di strada ne ha fatta molta, essendo uno dei pochi artisti umbri inserito appieno nel sistema dell'arte, il che significa mostre in tutta Europa, gallerie di prestigio che lo rappresentano e presenza in tutte le fiere dell'arte che contano.
E allora l'assessorato alle politiche culturali e giovanili del Comune di Perugia, complice la Liomatic della famiglia Caporali, che ha letteralmente adottato Palazzo della Penna, ha regalato alla città questa installazione che, come ha annunciato Andrea Cernicchi - brillante assessore al ramo, raggiante per aver messo a segno di recente diversi bei colpi come la mostra del design alla Rocca Paolina che ha avuto quasi cinquemila visitatori paganti in due mesi-, segna un po' la svolta nel futuro dell'utilizzo del contenitore in senso decisamente di spazio del contemporaneo con sempre meno uffici e più superfici espositive.
Un cambiamento che si è manifestato intanto con l'accesso al palazzo dai Tre archi al posto dell'introvabile (per i turisti, ma anche per molti perugini) via Podiani
Massimo Duranti
Corriere dell'Umbria Lunedì 20 Aprile 2009
sempre interessante leggere i tuoi articoli buona giornata
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