Per attirare grandi masse ci vuole ben altro e questo Umbria Jazz l'ha capito ben altro, spostando a volte l'obiettivo dal jazz più ortodosso che ormai alla fine del primo decennio del secondo millennio, sembra aver poco da aggiungere a quanto è stato già fatto da suoi più grandi epigoni, alla musica di qualità, restando quindi negli ambiti "dignitosi" di un compromesso utile per la propria sopravvivenza e per quella dello stesso jazz.
Sta di fatto che questa sera a contribuire a una decisa variazione sul tema del jazz, sarà Mark Knopfler, ex leader dei Dire Straits che oramai da una decina di anni è avviato su una solitaria carriera solista. Solitaria, non tanto perché non possiede un suo pur nutrito ambito di estimatori, quanto perché più meditativa e incline, più che a soddisfare i gusti di un pubblico alla ricerca disperata di un passato glorioso e di quel sound anthemico che caratterizzò i Dire Straits, ad una profonda ricerca interiore, delle proprie radici, sia culturali che musicali.
Non è un caso che nel suo ultimo album Get Lucky, il chitarrista di Glasgow fa spesso riferimento a ballad dagli echi celtici, al folk più autentico, insieme alla lingua del blues e alla sintassi del country senza mai perdere in coerenza.
C'è chi lo accusa di essere retrò, chi la associa al Bob Dylan più ispirato, chi lo ritiene datato e poco radiofonico e lui per tutta risposta non fa altro che raccontare se stesso con le sue storie di vita vissuta, sintesi di un minimalismo che lo rende insieme colmo di un mood caldo e rilassato come quando seduti in un pub davanti ad una pinta di birra il racconto orale di chi ha qualche anno di vita in più sulle spalle, ridiventa motivo di condivisione e di risate. Anche sotto l'aspetto musicale, Knopfler coniuga un parsimonioso minimalismo che rende i suoi prodotti eleganti e raffinati, ma soprattutto al di là di ogni improbabile moda. Knopfler è forse da annoverare tra quegli artisti che piuttosto che l'enfasi e la ridondanza, preferisce incedere per sottrazione, centellinando i suoi interventi diretti alla chitarra, ma impreziosendoli con tessiture armoniche e arpeggi con il suo tipico stile fingerpick. Chi insomma, questa sera, cercherà nel concerto il leader dei Dire Straits forse rimarrà deluso, chi invece cercherà un artista maturo alla ricerca delle motivazioni più autentiche del suo fare musica, avrà una buona occasione di ascolto
Claudio Bianconi
Corriere dell'Umbria Lunedì 12 Luglio 2010
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