Via del Tempio è l'ultima traversa di corso Garibaldi a salire sulla destra. Peraltro, è stata recentemente ripavimentata con belle lastre scalpellate in pietra arenaria. L'accesso al Tempio, per evitare possibili vandalismi, è sbarrato da due robusti cancelli che vengono chiusi nelle ore notturne. Nel pratino antistante il padiglione d'Orlando sostano studenti, giovani, genitori coi bambini, turisti. Ma ai loro occhi si para un'immagine di degrado che non fa onore alla città. Il riferimento è soprattutto all'antica colonna romana sormontata da una croce. Fino al 1865 questa era collocata in piazza del Sopramuro (l'attuale Matteotti). Come risulta da immagini d'epoca, in cima alla colonna era sistemata una lampada, che ne faceva una specie di ammiratissimo faro dell'acropoli. La colonna fu anche all'interno della piazza del Duomo, con lo scopo di reggere una carrucola per attingere acqua da un pozzo. Dunque, si tratta di un bene riusato nel corso dei secoli e sottoposto a traumatici spostamenti da un punto all'altro della città. Ma il fatto è che, oggi, la colonna non ne può proprio più.
E, per sopravvivere, lancia un grido d'aiuto a chi ha orecchie per ascoltare e volontà per agire. Dei due anelli che la cerchiavano (per sicurezza contro il rischio sbriciolamento) uno si è spezzato, a causa della ruggine che lo stava lentamente divorando da un secolo e mezzo. E nessuno ha pensato di reintegrarlo. Non essendo possibile riciclare il vecchio, l'anello va assolutamente rifatto e sostituito (magari invecchiato, con un processo ormai consolidato dalla moderna tecnologia dei metalli). Come tutto questo non bastasse, la sommità della colonna è letteralmente invasa da erbacce che ne coprono parzialmente il simbolo religioso e minano l'integrità della materia assecondandone la frammentazione. Le numerose coppie che vengono qui per il matrimonio si fanno ritrarre sotto la colonna romana, ormai ridotta l'ombra di se stessa. E (specie col vento che qui soffia robusto) non sanno di esporsi al rischio di essere colpiti dalla caduta di qualche frammento apicale, poco solidamente ancorato al resto del manufatto. Peccato che il degrado della colonna - oltre alle piante di cappero che divorano la muratura del Tempio - non permetta di apprezzare adeguatamente quello che è uno degli angoli più fotografati della città: coi cipressi che lo cerchiano, il vicino cassero di Sant'Angelo, il convento francescano di Monte Ripido, la stupenda vista sul panorama sottostante e sullo skyline dell'Appennino. Basterebbe una scala per strappare via le erbacce e ripristinare la cerchiatura di sicurezza. Anche i capperi della muratura si potrebbero eradicare a mano, per una migliore conservazione della basilica. I ben informati sostengono che, trattandosi di una specie protetta, i capperi non si possono toccare. Ci si chiede se la priorità vada individuata nella conservazione del cappero e non, piuttosto, nella tutela dell'integrità muraria. San Michele Arcangelo è uno dei soli tre esemplari esistenti in Italia di tempio paleocristiano a struttura circolare. E Perugia pare non curarsene.
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