Vive d'arte e vive d'amore. E di progetti resi più grandi dai ricordi. La figlia di Nora Ricci e Vittorio Gassman, nipote di Renzo Ricci ed Ermete Zacconi, moglie di Ugo Pagliai, non è mai in cerca di visibilità al di là della scena; ma in occasione del recente debutto della messinscena di Paolo Valerio dell'Enrico IV di Pirandello e in concomitanza dell'arrivo dello spettacolo a Foligno (domani al Clarici) e al Morlacchi di Perugia (da mercoledì fino a domenica, più una recita straordinaria martedì 9) scioglie le riserve e racconta un po' di sé, oltre che riflettere sulla follia, la diversità, la maschera: temi tanto cari all'autore siciliano soprattutto in questo testo straordinario.
Signora Gassman, nel teatro di oggi ci sono più talenti o professionisti?
"Direi ciò che sicuramente manca: la professionalità.Allora si è guardata alle spalle. Nel suo libro scavare nei ricordi le è servito per credere più nel suo mestiere?
I giovani di talento, vogliono il successo immediato e la popolarità. Non pensano ad affinare le loro capacità ma a come metterle in evidenza. Eppure a teatro, uno degli ambienti che considero più serio in questo senso, ci vuole altro per resistere nel tempo, come in ogni altro mestiere."
"Veramente, ho scritto 'Alle spalle una grande famiglià ricercando più le persone che i grandi attori avuti vicino a me.Una su tutte … "La generosità". Si sente una privilegiata?
Nel farlo, poi, ho anche capito molti altri aspetti di questo mestiere e le analogie che hanno legato i miei familiari."
"Lo sono, mi rendo conto. Questo però non mi ha risparmiato lavoro, sacrifici e fatica."Ha pensato anche di cambiare il cognome…
"é vero all'inizio. Poi ho capito che più di tutti dovevo essere me stessa per diventare altro sul palcoscenico. Per me è fondamentale entrare in un ruolo diverso da ciò che sono. Per esempio non è stata un granché l'esperienza, una delle poche, fatta in teatro con mio padre su un testo suo, a carattere autobiografico, dove dovevo essere proprio Paola Gassman."Come sta andando ora con Matilde Spina, l'amore del personaggio, colui che si crede Enrico Iv?
"Ad ogni replica ci entro più dentro, come sempre, rispettandone i lati positivi e negativi.Chi è, dunque, Matilde, carnefice o vittima?
Il mio primo approccio è comunque mettere me stessa di fronte al ruolo."
"Una donna che ha avuto voglia di vivere, magari con la leggerezza offertale dalla sua classe sociale; però è pure una donna che nel tempo sa rivedere i propri errori e se ne fa ammenda.Davanti c'è Ugo Pagliai, protagonista in scena e suo marito nella vita. Qual è la formula per funzionare così bene in questo intreccio di ruoli?
Se da giovane è fuggita davanti alle responsabilità, in età matura, forse troppo tardi, cerca di impegnarsi."
"Raccontarsi la propria vita fuori dal palcoscenico.Ci sono tanti "pirandelli" nel suo percorso artistico. Un caso?
Non abbiamo certo bisogno di sentirci marito e moglie quando lavoriamo."
"No. É la sua modernità a farlo preferire ad altri. I suoi sono impianti popolari che riescono a scavare in profondità toccando tematiche esistenziali universali."Qual è lo sforzo più grande per un attore quando si recita un testo di Pirandello?
"Superare il pirandellismo del suo linguaggio senza toccarlo, perché è talmente sottile che ogni parola racchiude complessità impensabili a prima vista."Qui c'è la follia come fuga ma anche come saggezza…
"Dualismi tipici di Pirandello. C'è comunque un altro aspetto di grande attualità: la diversità di questo personaggio che lo rende un emarginato e una vittima."Una curiosità per chiudere. Sua madre non voleva che lei facesse teatro. É vero?
"sì. Ma solo per evitarmi i disagi di una vita che conosceva bene."e che lei amava… "Come amo io" Sabrina Busiri Vici
dal Corriere dell'Umbria Lunedì 1° Dicembre 2008
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