Vi si accede dal civico 18 di via Danti, tramite un passaggio coperto e un cortile che porta ai sotterranei del palazzo.
Probabilmente la sua funzione era quella di cisterna (il pozzo ha vene proprie, ma le cisterne erano anche collettori, ossia raccoglievano pure acqua piovana e presentano forme architettoniche più complesse).
Scendendo lungo un cunicolo, il visitatore può attraversare il pozzo sopra una suggestiva passerella.
Da qui si gode uno spettacolo superbo, tra lo scrosciare dell'acqua e il gigantismo delle strutture, formate da due capriate in travertino, di cinque elementi l'una.
Il pozzo è rivestito con blocchi di travertino di dimensioni irregolari, alla cui base si leggono caratteri alfabetici corrispondenti ai segni di cava, analogamente a quanto accade per le mura cittadine.
La profondità è di 37 metri, il diametro del cilindro di 5,60.
La canna di attingimento a sezione quadrata è successiva e vi si nota una scanalatura dove passava la corda col secchio.
La stessa canna arriva al piano stradale in piazza Piccinino, dove è stata opportunamente ricollocata la "vera" medievale.
E veniamo all'opera meno nota e scarsamente visitata: la cisterna di via Bonazzi, coeva della precedente.
Ha struttura simile, ma dimensioni minori: circa 8 metri di profondità, per un diametro di 2,64.
Inglobata in una "domus" romana, fu poi cooptata nelle successive abitazioni medievali.
Capriate in travertino sostengono la copertura.
Al di sopra ci sono resti di un pavimento in "coccio pesto" di un secolo dopo.
Entrambe le opere erano di natura pubblica, ma venero poi privatizzate.
La cisterna di via Bonazzi fu scoperta casualmente nel 1989, durante i lavori di rifacimento di un palazzo che ospitava il fatiscente Hotel Bonazzi, all'inizio di via Caporali, a valle di Corso Vannucci.
Inizialmente fu rimossa la terra che ostruiva la cisterna e dell'edificio restò solo l'ossatura.
L'immobile sarebbe stato poi destinato ad uso promiscuo, con uffici e negozi.
La soprintendente dell'epoca, Anna Eugenia Feruglio, notò il "miracolo" della conservazione, in un segmento di città soggetto a profonde mutazioni.
Certamente l'opera si salvò a causa di un robusto muro divisorio.
L'acqua vi veniva attinta quotidianamente, almeno fino a quando la città non fu dotata di un moderno sistema di distribuzione.
Il manufatto documenta la sapienza ingegneristica degli Etruschi e la loro capacità di intercettare le falde che potevano alimentare pozzi e cisterne.
Immaginiamo, peraltro, quali dovessero essere le difficoltà di trivellazione con mezzi puramente manuali.
La cisterna di via Caporali fa parte di un progetto urbanistico notevole, anche per stato di conservazione.
L'ingresso è posto in via Bonazzi dove, fino a qualche anno fa, esisteva il ristorante Mondrian.
Oggi vi ha sede la Assix, società di brokeraggio.
L'accesso al pubblico - senza alcun ticket - è consentito dalla personale cortesia della dottoressa Raffaella Strata e dei suoi collaboratori.
Anche in questo caso, come per altri monumenti trascurati o dimenticati, sarebbe opportuno poter fruire di un accesso regolamentato e di una visita guidata.
Altrimenti la città non riesce a valutare adeguatamente i propri giacimenti culturali.
Che, come andiamo sostenendo, sono molti e notevoli
Sandro Allegrini
Corriere dell'Umbria Martedì 30 Dicembre 2008
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