"Un problema dimenticato - denuncia la sezione umbra dell'associazione nazionale per la lotta contro l'Aids - ma i contagi aumentano."Fino al 2007 sono stati segnalati in Umbria 575 casi di Aids di cui 435 (il 76 per cento) assistiti alla clinica di malattie infettive dell'università di Perugia.
In sostanza i nuovi casi di Aids, la malattia conclamata, sono in progressiva riduzione dal 1995 ad oggi di un quarto.
Ma ogni anno ci sono 50 nuove persone infettate. Andando a ritroso il primo caso di Aids arriva da lontano nel 1981.
"In questi 28 anni di esperienza - ha spiegato il primario della clinica di malattie infettive di Perugia, Franco Baldelli - si devono indicare due periodi."Fino al 1995 la malattia era collegata a categorie a rischio, con una alta mortalità. Un virus che colpiva i giovani e che creava una vera e propria allerta sociale legata al rischio di trasmissione sessuale.
Successivamente l'individuazione di una terapia ha consentito la cronicizzazione della malattia.
"é vero, in genere non si muore più ma si è persa anche la percezione del rischio"con una maggiore facilità del contagio.
"Ora la trasmissione dell'Hiv - spiega il professore - è al 50 per cento per via eterosessuale e coinvolge più le donne: è salita l'età media degli infettati (attorno ai 50 anni) soggetti che scoprono la malattia in genere grazie ad altre patologie e con deficit immunitari più alti."É dunque crollato il numero di malati di Aids ma non di chi ha contratto l'infezione da Hiv, che scoprono di essere sieropositivi anche a distanza di 10 anni.
E anche l'infezione non è da sottovalutare:
"L'italia e la Spagna sono stati gli ultimi paesi ad introdurre un sistema di sorveglianza (l'anno scorso) per monitorare l'infezione: nel '97 l'Umbria fu la prima regione in Italia ad instaurare un sistema di sorveglianza dell'Hiv grazie al professore Sergio Pauluzzi che ora dovrà essere ripreso."[...]
Patrizia Antolini
Corriere dell'Umbria Venerdì 29 Maggio 2009
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