Mentre un getto d'acqua per dissolvere la polvere viene lanciato dal cannonfog, lo stesso arnese usato sulle piste da sci per sparare neve artificiale.
Sono le undici in punto di ieri, quando il primo colpo sferrato dall'escavatore si abbatte contro il muro grigio del padiglione del vecchio policlinico che porta su scritto in lettere d'ottone
"Divisione di ricerche sul cancro."La tenaglia rotante agguanta un secondo pezzo di parete, e lo torce spaccandolo quasi con leggerezza.
Il rumore del motore è assordante. Ma nessuno parla, lo sguardo di tutti fisso verso l'ala laterale dell'ex istituto di anatomia e istologia patologica, in fondo al fitto viale di alberi.
A Monteluce. Ci sono tutti. Comune, Azienda ospedaliera, Università, Regione, Bnp Paribas Reim, nuova proprietaria della vasta area che rinascerà ex novo.
Un quartiere modello, moderno, polifunzionale. Come quelli delle grandi città europee. Case, negozi, albergo, centro congressi e centro salute, scuola e chiesa. E piazze e parchi. Con quasi ottocento nuovi residenti e un via vai giornaliero di circa duemila persone. Sette anni di attesa, per tutto questo. Per consegnare ai ricordi un luogo che per un secolo è stato di speranza e di dolore, di vita e di addii.
Un luogo di studio, di ricerca, che ha formato centinaia e centinaia di medici e di operatori della sanità; che ha stretto forte il suo destino a quello della città, non solo del quartiere che gli vive intorno e che ne attende la rinascita per dimenticare timori e dubbi dopo la dismissione.
Così, quasi simbolico per il direttore generale dell'Azienda ospedaliera Walter Orlandi che a "cadere" per primo sia l'ultimo padiglione traferito al Santa Maria della Misericordia.
"Era ancora qui a dicembre" ricorda il dg. Ha chiesto, racconta, di avere una lettera dell'insegna di ottone che la ruspa butta giù, come fosse di carta.
é un po' commosso il preside di Medicina e chirurgia Adolfo Puxeddu. In questi padiglioni è arrivato, dalla Sardegna, nel 1959. Qui ha cominciato la sua carriera, due anni dopo, assistente di Paolo Larizza, clinico insigne. Indica tre finestre che occhieggiano vuote, senza infissi, e da una ciondola un pezzo di tenda superstite.
"lì c'era lo studio del preside Lucio Severi."E ammette che, sì,
"gli dispiace vedere smantellare tutto."Il rettore Francesco Bistoni riporta in alto l'ago del buonumore:
"Ogni tanto mi piacerebbe guidare uno di questi attrezzi"butta là guardando con interesse le ruspe cingolate.
Contro chi? Ride:
"Non si sa... diciamo a 360 gradi."L'evento è storico, i fotografi inquadrano i protagonisti. Il sindaco Renato Locchi, gli assessori comunale e regionale Wladimiro Boccali e Maurizio Rosi (Urbanistica e Sanità), il rettore e il preside di Medicina, l'amministratore delegato di Bnp Paribas Reim Michele Cibrario con il fund manager Luca Panizzi.
Ma sono in tanti, tecnici e amministratori, ad aver raccolto l'invito dell'ad Cibrario, per festeggiare insieme l'avvio della demolizione.
Ognuno con il suo pezzo personale di ricordo. Boccali arriva accompagnato da diversi commercianti del rione. Come dire: tranquilli, qui si lavora fitto e il nuovo futuro con tanta gente è a un passo. La mappa del verde Ora sono circa una trentina le maestranze al lavoro, riferisce Panizzi. E aggiunge che tutti gli alberi sono censiti. C'è
"un meraviglioso cedro del Libano: sarà al centro delle residenze convenzionate, un quarto della cubatura destinata ad abitazioni, il 43 per cento del totale."Intatto resterà il viale fitto di lecci che dalla sommità dell'area scende giù al padiglione in demolizione.
Altri alberi, non di pregio, saranno eliminati. Ma ogni cespuglio è stato censito.
"c'è un leccio di centoventi anni"aggiunge Claudio Bazzarri, assessore comunale con il pollice verde.
Non mancheranno alberi e fiori nel rione: i parchi saranno tre e belli fitti. Almeno a giudicare dal plastico che riproduce il progetto vincitore degli architetti Bolles e Wilson, rinomati per la qualità delle loro opere.
Una garanzia. La città nuova nascerà qui, sito di etruschi. Spunterà fuori qualcosa? Carlo Ciangottini, decano dei geometri perugini, 82 anni e memoria di ferro, non ha dubbi.
"Un bel pezzo di Perugia è ancora nascosta"
Donatella Murtas
Corriere dell'Umbria Mercoledì 6 Maggio 2009
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