Compagno di banco di Leoncillo all'Istituto d'arte di Perugia, insegnante di disegno molto amato dai suoi studenti e stimato dai colleghi, apprendista nelle Fornaci Briziarelli di Marsciano, la sua città natale, dove cominciò a sporcarsi le mani con la creta, Antonio Ranocchia, lo scultore gentleman dei nudi marcatamente espressionisti nella concezione e nella scabrezza della modellazione e delle struggenti narrazioni sacre, scomparso nel 1989, sarà presente con una significativa esposizione permanente a Palazzo Baldeschi al Corso di Perugia, che si aggiungerà a quella che gli ha, già dedicato il Museo delle Terrecotte di Marsciano.
La vedova Irma Rengo, custode esemplare della memoria e delle opere maggiori di Antonio, ha infatti deciso di donare l'intero corpus di sculture in terracotta e in bronzo da lei possedute: 61 opere più quattordici disegni e l'archivio alla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Il presidente Colaiacovo nella cerimonia di presentazione nella Sala delle Colonne, opportunamente allestita con alcune delle sculture oggetto della donazione, ha annunciato che le opere saranno opportunamente valorizzate nei ristrutturandi spazi dei piani superiori di Palazzo Baldeschi.
Nel ringraziare la vedova, ha sottolineato che questa importante donazione è un significativo riconoscimento dell'impegno in materia d'arte della istituzione da lui presieduta. La. Fondazione possiede in effetti una vasta collezione che va, da Perugino a Gerardo Dottori e temporalmente ben oltre, riguardante dunque tutta la cultura umbra del '900, senza dimenticare la preziosa collezione di ceramiche antiche. Di Ranocchia artista ha parlato approfonditamente Francesco Mancini, docente di Storia, dell'arte del nostro ateneo, ricordando che Gerardo Dottori scrisse in maniera, lusinghiera, del giovane scultore.
La vedova ha curato per anni, nell'appartamento sottostante il suo, un piccolo grande museo dell'opera di Ranocchia, meta di studiosi e dei suoi tanti estimatori.
Sono due i filoni tematici principali dello scultore: quella del sacro (particolarmente significativa la Via Crucis al Santuario di Collevalenza) e della figura (i nudi femminili pervasi di sottile erotismo, ma anche gli animali), ambedue fondate sul disegno, che ritenne sempre fondamentale e propedeutico alla scultura - come ha sottolineato Mancini –.
Ambiti espressivi apparentemente antitetici che invece sono il segno di una visione sinergica dell'immanente e dello spirituale. Lo storico ha voluto poi sottolineare come questo artista, riuscì col suo solo talento ad uscire ben oltre i confini regionali e farsi apprezzare a Parigi, dove espose per numerosi anni al Grand Palais e poi a Berlino e in altre capitali europee. In realtà - ha aggiunto - non è azzardato avvicinare il lavoro di Ranocchia a quello di Roditi in particolare e più in generale all'espressionisino di Nolde, Kokoschka e Schiele.
Con evidente commozione Irma Rengo ha espresso, insieme, malinconia e gioia: tristezza, per un compagno di vita, eccezionale che non c'è più, anche se ancora sente presente dalle sue opere; felicità per la certezza che con questa donazione tutti potranno godere del fascino della scultura di Antonio.
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