Originalissimo e moderno, innovativo per certi versi, come le tante scommesse tentate e vinte sin dal giovane rampollo di una dinastia di commercianti di stoffe che alle soglie degli anni Sessanta decise di mettersi in proprio e realizzare una linea di pantaloni.
Il libro ha visto squadernate le proprie pagine ieri mattina dentro un evento vissuto tutto sull'onda dei ricordi e dell'orgoglio.
Location migliore della storica - e ancora moderna - sede di Ellera non poteva esserci. É qui che si sono ritrovati i protagonisti di un progetto che merita ancor oggi di essere raccontato perché seppe determinare non solo l'affermazione su scala mondiale di un'impresa, ma anche e soprattutto per la forza con cui seppe promuovere lo sviluppo economico-sociale di un territorio.
Incise, l'Ellesse, sull'evoluzione del comune di Corciano e sulla trasformazione di una collettività che da contadina si accingeva a diventare industrializzata.
Incise sull'emancipazione dell'Umbria, di cui portò alto il vessillo finché la congiuntura internazionale e un mercato per nulla incline a fare sconti non ne decretarono il tramonto dopo 35 anni vissuti all'avanguardia.
Era il 1994, Leonardo Servadio passava il testimone al colosso inglese Pentland. Ma il marchio, la mezza pallina da tennis rosso e arancio ha continuato a vivere. Non può essere altrimenti, come hanno certificato il libro scritto da Gianfranco Ricci per Guerra edizioni e l'orgogliosa rimpatriata di ieri mattina.
Chi in Ellesse è stato attore - rigorosamente protagonista a prescindere dalla posizione nell'organigramma aziendale - ha varcato la soglia del cilindro a cinque piani di Ellera convinto di aver vissuto un'esperienza tanto unica quanto esaltante.
L'hanno pensato tutti: chi in Ellesse mise le idee, chi diede loro le gambe, chi ci mise la faccia e le proprie doti sportive e chi, nel corso degli anni, ha avuto il privilegio di rapportarsi con Leonardo Servadio.
I campioni della "valanga azzurra" di sci, personaggi famosi del tennis come l'istrionico Ion Tiriac o il perugino doc Francesco Cancellotti, tutti hanno spiegato allo stesso modo il fenomeno Ellesse: quella ideata da Servadio, accanto al quale più avanti diede il meglio di sé quel grande campione di managerialità sportiva che fu Franco D'Attoma, era una grande azienda che sempre cercava di essere una famiglia.
Pregio, questo, insieme alla natura di "padre" e non di "padrone" del suo fondatore, che più di una volta è stato inserito fra le cause che portarono alla fine dell'avventura.
Voce a tratti rotta da una comprensibile e leggera patina di emozione, Leonardo Servadio ha preferito - giustamente - porre l'accento sulle ragioni del successo di Ellesse.
Sul perché quella piccola impresa artigianale nata nel '59 arrivò a essere un impero sul quale pareva che il sole non dovesse mai tramontare.
Innovazione e comunicazione, queste le due stelle polari che ispirarono un'autentica rivoluzione culturale nell'abbigliamento sportivo e nel modo di fare impresa nel mondo dello sport e dell'abbigliamento.
Se Ellesse arrivò a vestire 14 squadre nazionali di sci, la nazionale di calcio italiana campione del mondo in Spagna nel 1982, quella argentina campione del mondo 1980 e tennisti del calibro di Chris Evert, Guillermo Vilas e Boris Becker una ragione deve pur esserci stata.
E non era un caso neanche che attori, personaggi politici e del jet set internazionale facessero a gara per indossare capi Ellesse.
Il fatto è che nessuno sapeva innovare e comunicare come Ellesse. Prima che Servadio e i suoi inventassero il pantalone a zampa d'elefante, quello che aveva le imbottiture all'altezza delle ginocchia, gli sciatori - provetti o di alto livello che fossero - gareggiavano indossando pantaloni di velluto o in stoffa pesante che infilavano dentro gli scarponi, pagando di certo dazio alla qualità della prestazione.
Prima che Servadio e i suoi usassero eventi per promuovere l'azienda e piazzassero il marchio ricamato all'altezza della spalla sinistra dei capi sportivi, la sponsorizzazione era solo un termine che sgomitava per entrare nel vocabolario e battere zuzzerellone alla gara della parola più lunga.
Poi venne l'Ellesse.
Mauro Barzagna
dal Corriere dell'Umbria Mercoledì 17 Settembre 2008
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